Pubblicato da: G.F. | 7 dicembre 2011

Della tecnologia


Il digitale è una gran comodità.

E’ anche un gran bel mercato: quello delle fotocamere digitali è un affare che muove miliardi di dollaroni. Per farci un’idea, nel 2010 Canon ha venduto 19 milioni di macchine, Sony e Nikon rispettivamente 17.9 e 12.6 milioni, a seguire gli altri: Samsung, Kodak, Panasonic ecc.ecc.. Ecco perché siamo bombardati da macchine nuove ogni minuto e pubblicità che magnificano le possibilità creative di ogni nuovo modello.
Il digitale, però, si porta dietro un lato oscuro, di cui molti non si rendono conto finché non acquistano la prima reflex: le macchine digitali non sono oggetti user-friendly.
Bisogna imparare un sacco di cose nuove: comandi, menu, formati di file, conversioni, manipolazioni. Molto divertente per chi ha dimestichezza col mondo digitale, molto meno per chi non ne ha o non vuole averne: non a tutti piace stare per ore dietro ad un monitor a manipolare immagini.

Mi è capitato di leggere un testo di diverse pagine, scritto da un “Guru” Adobe, il quale ci insegna, con precisione ed esattezza, perché noi dovremmo fotografare studiando l’istogramma delle immagini sul display della fotocamera.
Ha ragione, il suo discorso non fa una grinza e tecnicamente è ineccepibile.

Ma non mi convince del tutto…

Non perché sia inesatto: come ho detto, tecnicamente è cristallino. No, la mia perplessità è un’altra: quando mi metto la macchina al collo, io voglio fotografare, non passare il tempo a controllare che il mio grafico sia un po’ più a destra, ma non troppo, piuttosto che a sinistra, ma non troppo.

Ciò che conta davvero in un’immagine è quello che c’è dentro, se dice qualcosa oppure no.

Le ombre hanno un poco di rumore? Lo vediamo solo sul monitor quando ingrandiamo l’immagine al 100% (come se guardassimo un poster a 20 cm con una lente*): nella stampa 20×30 della stessa foto il rumore sparisce magicamente 🙂

Ciò che conta davvero è la fotografia! Quello che abbiamo messo davanti all’obiettivo, come l’abbiamo inquadrato, come abbiamo messo a fuoco, che tempo abbiamo usato, che luce abbiamo scelto e come l’abbiamo sfruttata, lo sfondo, la composizione. E’ ovvio che la foto deve essere esposta correttamente, certo, ma finisce lì: guardare il display per 5 secondi vuol dire rischiare di perdere ciò che sta succedendo, lo sguardo di nostro figlio o della nostra compagna.

Non intendo scagliare anatemi su chi si occupa di tecnica, ognuno fa il proprio lavoro e va benissimo, ma attenzione: la fotografia non è mai stata nella dimensione dei grani d’argento della pellicola e oggi non è nei pixel di un file digitale.
La fotografia è nella luce e nella realtà che ci circonda, sta a noi coglierla nel momento giusto.

* Gli americani lo chiamano “pixel peeping”, ovvero “sbirciare i pixel”: una pratica vagamente da sporcaccioni 😉


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