Il compito per la lezione alla Subalpina era questo: passeggiare per un mercato senza macchina fotografica ed annotare su un taccuino ciò che ci colpiva.
Questo è ciò che ho visto:
Un banchetto, drappo verde, ancora vuoto: verde, prato, campagna.
Grappoli di biancheria, bianchi, rossi, dorati, sembrano frutti.
C’è una donna, piccina, che tira un carretto con sopra un box enorme, più alto di lei: fatica.
Due mezzi manichini, solo le gambe, sembrano stretti uno all’altro per il freddo.
Maniche di giacche colori diversi, materiali, trame.
Ombrellone a righe bianche/blu, sotto, file di abiti formano righe colorate.
Mercato del pesce: odore, voci che chiamano, luci lampeggiano, pesci bianchi/rosa, forza, competizione.
File di pane: trame, motivi ripetuti ritmati dagli scaffali.
Di nuovo, un cesto di reggiseni, sembrano pompelmi colorati, rotolanti.
Corridoio tra i banchi, buio, intestino digerente.
Enorme cesto di pomodori secchi, solo sul banco, ne è il re.
Trama #1 nera/arancio: i mandarini nelle casse impilate, gabbia nera con il sole dentro.
Il banco con i peperoni è meraviglioso: rossi, gialli, il sole che disegna sugli zucchini.
Trama #2: ancora arance nelle casse di legno. Regolarità con variazioni melodiche.
Sguardi, compra/vende, mi posso fidare?
Gianduja occhieggia e sorride, lo sguardo un po’ ebete.
I peperoni sotto rapa sembrano immondizia vicino al banco del ciclamino rosa.
Fette di zucca arancioni, sole sull’erba verde dell’insalata.
Lame di coltello a grappoli, freddo grigio acciaio.
Bambole di trina, sguardo vuoto, perso, non puoi guardarle negli occhi.
Quattro vigili, prepotenza, arroganza, loro è il potere.
Le scarpe sono simpatiche, di più se sono tante: mediano il contatto con la terra.
Commuovono le pantofole di feltro, marroni, da vecchietto.
Suora candida, piccolina.
Sul palo “Rivoluzione Comunista” declama, delira.
Architettura di carretti, edifici.
Cubi, ruote, muri e finestre si susseguono in prospettive ritmate.
Cielo blu inverno
Tagli di sole bellissimo illuminano povere mercanzie.
Che cosa è il momento che precede lo scatto? Quali sono le impressioni, i pensieri, gli stati d’animo che passano nella testa di un fotografo poco prima di scattare?
Mi chiedo se la fotografia-prima-dello-scatto abbia un linguaggio mentale suo proprio, fatto di pure immagini, essenziali e non interpretate, che parlano per se stesse senza bisogno di una narrazione……
Questo per lo meno è lo spunto che ho tratto dalla lettura del tuo post,
A presto!
Silvia
By: silvia on 17 gennaio 2008
at 8:43 am
Ciao!
Che bello, il mio primo commento! 😀
Beh, io posso raccontare la mia esperienza, prima dello scatto: il più delle volte è un dettaglio che attira la mia attenzione, una luce, un colore un’ombra che mi chiama. A quel punto il gioco diventa il catturarla nel modo in cui mi ha colpito, e lì diventa difficile, perchè, se è l’istinto che ci fa guardare qualcosa, è la ragione che ci fa premere lo scatto, allora entra in gioco la tecnica e la conoscenza del mezzo che teniamo in mano.
Io “vedo” la foto che vorrei… il problema è che non sempre si riesce a trasferirla su una immagine! 😉
Grazie,
Freeze
By: freezephoto on 18 gennaio 2008
at 2:53 PM
Il tuo “sguardo sul Mercato” vivace, ricercato, è riuscito ad evocare immagini assai nitide.
Hai fotografato senza macchina e pellicola e così, le tue foto profumano, parlottano, emozionano
Qualcuno mi disse tempo fa …. “i miei occhi obbiettivo, il mio cervello pellicola”…
Ciao
Paola
By: Paola on 28 febbraio 2008
at 10:46 am
Sono contento che funzioni, grazie!
“i miei occhi obbiettivo, il mio cervello pellicola”…
Bellissimo e assolutamente vero, in effetti, rileggendo, mi ritornano in mente tutte le immagini, come se le avessi fotografate realmente.
Il punto è lì… attenzione e contemporaneamente apertura, l’essere vigili e passivi allo stesso tempo.
E poi fissare in qualche modo, un taccuino basta.
Ciao e grazie ancora,
Freeze
By: Freezephoto on 28 febbraio 2008
at 1:41 PM